Articolo di Giulia Maria Picchi pubblicato su TeamSystem
In un mondo in cui la sensibilità per l’ambiente sta diventando sempre più importante, molti professionisti sono interessati a capire come possono, nella loro quotidiana attività, ridurre la loro impronta ecologica.
In una generica giornata tipo, ci si reca in ufficio -magari guidando-, si lavora su un computer in una stanza ben illuminata, si stampano diversi documenti e occasionalmente si prende un aereo per partecipare a riunioni e conferenze… tutte attività che rilasciano anidride carbonica e altri gas serra nell’atmosfera che contribuiscono -in parte- al riscaldamento globale.
Secondo le stime, la quantità di carta utilizzata in media da un avvocato si attesta tra 20.000 e 100.000 fogli di carta all’anno mentre i “grandi consumatori” arrivano anche a 500.000. Produrre carta è un’attività ad altissimo assorbimento energetico: produrne una tonnellata – dall’abbattimento di un albero allo smaltimento in discarica – genera circa 11 tonnellate di gas equivalenti al biossido di carbonio. Questo in aggiunta alle sei tonnellate di anidride carbonica derivanti dall’uso di elettricità e alle tre tonnellate derivanti dal pendolarismo, anch’esse stimate sempre prendendo in esame le attività medie di un singolo professionista.
Se si ragiona su scala globale è evidente, quindi, che anche gli studi possono fare una grande differenza quando si tratta di tematiche ambientali.
Per ridurre l’impatto che uno studio genera sull’ambiente si può cominciare implementando alcune pratiche sostenibili: l’importante è comprendere che diventare verdi è a tutti gli effetti un processo e non una singola attività, un viaggio continuo che comincia compiendo piccoli passi per poi progressivamente aumentare il proprio impegno.
Oltre agli ovvi benefici ambientali, ci sono anche altre ragioni per diventare “verdi”:
- parlare la stessa lingua dei clienti – i professionisti che offrono consulenza su questioni ambientali sono decisamente più credibili se, coerentemente con quanto suggeriscono, adottano loro per primi le stesse misure sostenibili dei loro clienti;
- differenziarsi – going green è anche un prezioso strumento di differenziazione, che consente non solo di essere più attrattivi nei confronti di potenziali clienti ma anche dei più giovani professionisti che, per questioni generazionali, tendono ad essere più attenti e selettivi quando si tratta di questioni legate all’ambiente e alla sostenibilità in genere;
- aumentare il benessere sul posto di lavoro – secondo alcuni studi, gli edifici verdi migliorano la produttività dei lavoratori del 16% anche perché le persone si sentono parte di una causa meritevole e, in generale, di appartenere ad un ambiente non interessato unicamente a “fare soldi” ma a produrre un profitto nel rispetto di certe condizioni.
Affinché abbia successo, il processo di orientare lo studio verso la sostenibilità e in particolare verso l’adozione di pratiche green, deve essere senz’altro sostenuto dai partner ma anche condiviso con tutti quanti vi operano all’interno affinché ciascuno -staff compreso- possa contribuire e si senta parte attiva del cambiamento.
Una buona idea può essere quella di verificare preliminarmente il grado di interesse e anche l’impegno che tutti sarebbero disponibili a profondere nei confronti dei temi della sostenibilità attraverso un questionario da distribuire internamente.
Dopo essersi assicurati che tutti siano “on board”, è opportuno designare un comitato (o almeno un professionista) per la ricerca di idee e l’implementazione del programma green dello studio che goda della stima e della fiducia di tutti, che sia capace di stimolare gli altri membri ad essere creativi e che li sostenga nella generazione di idee innovative.
Il gruppo dovrebbe riunirsi regolarmente per discutere di pratiche sostenibili cercando il più possibile di mantenersi aperto e ricettivo verso gli spunti che arrivano dall’esterno.
Il primo compito del “comitato verde” è quello di condurre una valutazione ambientale delle attuali emissioni di gas a effetto serra dell’ufficio, in modo da stabilire un parametro di riferimento rispetto al quale si possano confrontare i miglioramenti.
Alcuni parametri da prendere in considerazione sono i voli aziendali, la quantità di carta usata, l’elettricità e il consumo energetico, i mezzi che vengono usati per raggiungere l’ufficio, i server, ecc.
Sia che si tratti di un’indagine informale o di un’analisi dettagliata dell’impronta ecologica, l’importante è avere un buon quadro della situazione di partenza, in modo da sapere dove orientarsi e misurare i risultati ottenuti.
Una volta definita una vera e propria policy, è importante lanciarla ufficialmente comunicandola internamente.
Le modalità sono tante: dall’organizzazione di un evento durante il quale presentarla invitando anche un relatore esterno a parlare di sostenibilità -magari proprio di una azienda cliente e che quindi possa illustrare i passi che concretamente sta facendo/ha fatto per diventare green- fino all’affissione della policy stessa in luoghi visibili e di passaggio, nella sala caffè o presso le fotocopiatrici; dall’inserimento di una sezione dedicata nella newsletter interna alla condivisione sulla intranet dei motivi per cui lo studio sta abbracciando queste nuove policy.
Le comunicazioni dovranno poi continuare anche dopo il lancio, non solo per fornire informazioni e idee ma anche per mantenere alto l’entusiasmo e, non ultimo, per far sì che gli sforzi fatti per diventare eco-compatibili non si esauriscano all’interno dell’ufficio ma diventino un vero e proprio modus vivendi delle persone ovunque esse siano.